- 1801. BICHAT Marie François Xavier 1771-1802.
- XIX secolo. Medicina in Azerbaijan.
- 1808. GALL FRANZ JOSEPH (1758-1828) e la Dottrina del Cranio.
- 1820-1875. Fowler Lorenzo Niles. Frenologia.
- 1825. LE ROY
- 1823. MASCAGNI PAOLO (1755-1815).
- 1829. Ellis William, Polynesian reserches during a residence of nearly six years in the south sea islands.
- 1834. PANIZZA BARTOLOMEO (1785-1867).
- 1835. PACINI FILIPPO (1812-1883).
- 1840. Trephine set by W. & H. Hutchinson, Sheffield.
- 1841. BOURGERY JEAN-BAPTISTE MARK (1797-1849).
1801. BICHAT Marie François Xavier 1771-1802.
Marie François Xavier Bichat (1771-1802) è stato un chirurgo e fisiologo francese. A lui si deve la scoperta che gli organi del corpo umano sono costituiti da tessuti; per questo viene considerato uno dei fondatori dell’istologia moderna. Inoltre egli fu uno tra i primi assertori di un’anatomia descrittiva e la sua opera L’Anatomie générale (1801) fa di lui uno degli iniziatori dell’anatomia patologica. Prendono il suo nome: il corpo adiposo o bolla di Bichat, masserella di tessuto grasso, particolarmente sviluppata nel fanciullo, situata nello spessore muscolare della guancia; la fenditura o fessura cerebrale di Bichat, profondo solco impari alla base del cervello, attraverso cui la pia madre penetra nella massa emisferica.
Il padre, Jean-Baptiste Bichat, dottore della facoltà di Medicina e Chirurgia di Montpellier, esercitò la professione prevalentemente a Poncin, succedendo allo zio Joseph Bichat, e nel 1770 sposò sua cugina Jeanne Rose Bichat, da cui ebbe Xavier. Egli trascorse la sua infanzia a Poncin, ricevette una buona istruzione e, si dice, già durante la giovinezza era solito dissezionare animali, tanto da essere chiamato “le terreur des chats” (il terrore dei gatti). Nel 1782 entrò al collegio dei Josephites a Nantua, dove ricevette un’istruzione simile a quella di stampo gesuita, che cercava di sviluppare sia l’esprit de finesse che l’esprit de geometrie, ma che mancava di solide basi in matematica. Per poter colmare questa lacuna, Bichat si trasferì nel 1790 al seminario di Sant’Ireneo di Lione, che offriva ai suoi studenti di filosofia una buona formazione nelle materie scientifiche (matematica, chimica, fisica e storia naturale). Qui poté inoltre dedicarsi allo studio di Cartesio, Newton e Condillac, oltre che tenersi aggiornato sull’attualità scientifica con i lavori di Lavoisier, di Nollet e di Buffon. Tuttavia questi anni furono molto perturbati a Lione, e in tutta la Francia in generale, a causa degli episodi rivoluzionari. Per questo si attribuisce gran parte della sua cultura filosofica alle numerose letture da autodidatta.
Il 15 ottobre 1791 iniziò a studiare medicina all’Hôtel Dieu di Lione al servizio del professore Marc Antoine Petit, uno dei primi a sostenere l’importanza delle conoscenze sia mediche che chirurgiche per esercitare entrambe le professioni. A Lione Bichat poté studiare più in dettaglio l’anatomia, assistere alle prime dissezioni di cadaveri umani ed entrare in contatto con un gran numero di malati, a quel tempo addirittura superiore alla capienza dell’ospedale, a causa della fame e delle sommosse che stavano devastando la Francia. Sempre nel 1791, ricevette l’ordine di arruolarsi nella Guardia Nazionale e fu così costretto a conciliare gli impegni di polizia cittadina con quelli medici, mentre a ciò si aggiungevano la fame e lo scontento presenti a Lione. Il servizio nella Guardia durò fino al 30 luglio 1793, anno in cui dovette ritornare a Poncin a causa di un decreto della Convenzione, che obbligava tutti i cittadini non originari di Lione ad allontanarsi dalla città. Successivamente proseguì gli studi di chirurgia all’Hospice d’Humanité di Bourg-en-Bresse come allievo del capo chirurgo Claude Buget. Bichat non trovò un ambiente adatto al proseguimento dei suoi studi medici, ma poté perfezionare la sua tecnica operatoria grazie alle numerose autopsie concessegli da Buget. Qui inoltre conobbe Anthelme Récamier. Infine fu licenziato il 19 febbraio 1794, probabilmente a causa dell’assunzione di altri quattro medici per aumentare l’intero personale ospedaliero.
Bichat partì allora per Parigi, dove alloggiò prima da suo zio Louis Buisson ed in seguito, a partire dal 27 luglio 1794, presso il dottore Desault. Pierre Joseph Desault, chirurgo e professore all’Hôtel Dieu di Parigi dal 1781, poté offrirgli nuove prospettive grazie ai suoi numerosi studi sulle strutture e sulle grandezze delle varie componenti anatomiche e, soprattutto, sulle relazioni che si instaurano tra gli organi stessi. Inoltre la loro convivenza diede a Bichat la possibilità di ricevere vari incarichi (come, ad esempio, quello di chirurgo di guardia presso un famoso mecenate parigino paziente di Desault), di lavorare nello stesso cabinet del professore, di iniziare ad operare all’Hôtel Dieu e di dare, già da giovanissimo, lezioni ad altrettanto giovani studenti di medicina. Presso la famiglia Desault Bichat conobbe alcuni tra i più importanti medici dell’epoca, tra i quali Corvisart, Lepreux, Chopart, Pinel e Cabanis. Tutto ciò durò fino al 1º giugno 1795, quando Pierre Joseph Desault morì, forse a causa di un avvelenamento per motivi politici. Dopo la morte del marito Madame Desault continuò ad ospitare Bichat ed inoltre l’aiutò a completare la pubblicazione di tutti gli studi e le osservazioni del professore, rimasti arretrati dal 1792, nel “Journal de Chirurgie” da lui stesso fondato. Tuttavia la sua morte costrinse Bichat a trovare anche un altro lavoro e, su consiglio di Corvisart, aprì nel 1794 un laboratorio di anatomia e fisiologia a rue des Gres. Già dai primi tempi ebbe un gran numero di studenti ed egli improntò il suo metodo d’insegnamento su quello di Desault, aggiungendo che: Durante le dissezioni al laboratorio Bichat ci teneva a sottolineare, oltre all’aspetto fisiologico e morfologico degli organi presi in esame, anche l’importanza dei rapporti e dei legami che vi sono fra i vari, aspetto che si ritroverà in seguito nei suoi scritti.
Benché il successo delle sue lezioni non smise di portare sempre nuovi allievi, egli non poté trarne grande profitto e, a causa della scarsa igiene del laboratorio e del gran numero di cadaveri utilizzati, le sue condizioni di salute cominciarono ad aggravarsi. Tuttavia la salute cagionevole non fu d’impedimento al nuovo progetto di Bichat: la Société Médicale de Paris, detta anche Societé d’emulation, descritta da lui stesso come: Questa ebbe la sua prima riunione il 23 giugno 1796 e già allora ne entrarono a far parte un gran numero di medici giovani (tra i quali Bretonneau, Coutanceau, Husson…) e anziani (come Pinel, Corvisart, Cabanis…). Tutti i membri stabilirono di pubblicare annualmente una raccolta di osservazioni e memorie dei vari incontri, che a mano a mano diventò sede di importanti articoli medici. Tutta questa serie di impegni indebolirono ancora di più la salute di Bichat, arrivando a gravi episodi di emottisi e obbligandolo ad un periodo di convalescenza, dopo il quale cominciò a pubblicare i risultati dei suoi studi, tra i quali ricordiamo: Trattato delle membrane (1799), Ricerche fisiologiche sulla vita e sulla morte (1801) e Anatomia generale (1801). A partire dal 1801, dopo il successo de Ricerche fisiologiche sulla vita e sulla morte, ottenne il posto di medico-expectant al “Grand Hospice de l’Humanité”, al servizio del capo chirurgo Le Preux. Questo fu l’unico titolo che gli venne ufficialmente riconosciuto nel corso di tutta la sua professione. Solo un anno dopo questo successo, le sue condizioni peggiorarono e nella notte del 22 luglio 1802 a Parigi, Xavier Bichat morì. Fu inizialmente sepolto presso il Cimitero di Sainte-Catherine, poi, con la chiusura di esso, la salma venne trasferita al Cimitero del Père-Lachaise. …
Estratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Marie_Fran%C3%A7ois_Xavier_Bichat
Traité d’Anatomie descriptive par Xav. Bichat, Tome troisieme, Paris, 1802.
Estratto da https://ia600300.us.archive.org/31/items/traitdanatomie03bich/traitdanatomie03bich.pdf
Bottaccioli F., Due vie per la medicina scientifica al suo sorgere, Aracne Ed., 2013.
Estratto da https://www.academia.edu/34620078/Bichat_e_Virchow_due_vie_per_la_medicina_scientifica_al_suo_sorgere
XIX secolo. Medicina in Azerbaijan.
All’inizio del XIX secolo i khanati settentrionali dell’Azerbaijan (Shirvan, Baku, Nakhchivan, Guba, Talysh, Karabakh, Shaki, Dardand, ecc.) Furono conquistati da Rusia, mentre i khanati meridionali (Tabriz, Khoy, Ardabil, ecc. .) era stato subordinato all’Iran.
Durante la conquista russa nel 1813-1918, le cliniche russe furono aperte in tutto l’Azerbaigian settentrionale. Tuttavia prima dell’era sovietica (1920-1991), c’erano anche le tradizionali drogherie (attar dukani) nel nord dell’Azerbaijan. Nel sud (iraniano) le cliniche e gli speziali orientali dell’Azerbaijan continuarono a dominare. Abdul Khalig AkhundovLeft: Abdul Khalig Akhundov.
Nel 1892, lo studioso azerbaigiano Abdul-Khalig Akhundov gettò le basi di studi accademici sulla storia della medicina in Azerbaigian. Ha studiato e tradotto la famosa enciclopedia del IX secolo sulla farmacia di Abu Mansur Al-Haravi e altre opere. Il libro è stato stampato in Germania.
Nel 1895, fu creata la Baku Medical Society. I fondatori furono il Dr. Mammad-Reza Vekilov, il Dr. Kerimbey Mehmandarov, ecc. Dr. Khudadat RafibeyliLeft: Dr. Khudadat Rafibeyli.
Da Farid Alakbarli. Important Dates in the History of Medicine in Azerbaijan. http://www.alakbarli.aamh.az/index.files/4.htm © “Elm”. History & Heritage Website.
1808. GALL FRANZ JOSEPH (1758-1828) e la Dottrina del Cranio.
Franz Joseph Gall (1758-1828) è stato un medico tedesco, ideatore della dottrina frenologica. Sesto o settimo di dieci figli, nacque in Germania, a Tiefenbronn, da una famiglia di origini italiane. Il padre era un modesto commerciante di lana che spesso svolgeva anche incarichi di sindaco nella suddetta città; dopo aver intrapreso un percorso di studi letterari si iscrisse alla facoltà di Medicina di Strasburgo, diretta da Jean Hermann, nel 1777. In questa città sposò poco dopo una giovane ragazza che lo aveva aiutato e curato durante un attacco di tifo. … Attratto dalla fama di Gerard Van Swieten e Maximilian Stoll si trasferì all’Università di Vienna nel 1781, laureandosi quattro anni più tardi. Cominciò ad esercitare la professione medica, ma spese la maggior parte del suo tempo e delle sue energie nella ricerca scientifica. Gall lavorò specialmente tra Vienna e Parigi, città nelle quali ottenne un rapido successo anche grazie alla protezione che gli fu offerta da due funzionari dell’Impero: il conte Saurau e il barone von Retzer. Inoltre alcuni dei suoi più importanti pazienti furono il poeta Stendhal, il critico Auguste Comte e il politico Klemens von Metternich. Il primissimo scritto di Gall risale al 1791 ed è intitolato Philosophisch-medizinische Untersuchungen über Natur und Kunst; questo è fondamentalmente un testo di medicina pratica, una critica contro le teorie metafisiche e idealiste. Nelle teorie e in generale in tutta la medicina elaborata da Gall fu molto importante il carattere pratico, quella nota pragmatica che non fu mai assente; lo stesso Gall aveva una precisa immagine di se stesso, quella cioè di un uomo pragmatico, in grado di spiegare e rivelare le “verità della Natura” in un modo totalmente diverso da quello operato dai metafisici. Tra queste verità della natura che egli intendeva descrivere vi era anche la conoscenza dei problemi della mente e del cervello: Gall li relazionò sempre con i grandi problemi che l’uomo poteva incontrare nella società, nella vita e nel mondo. A ulteriore conferma del carattere pratico è bene ricordare che quando iniziò i primi studi (quindi circa a partire dalla metà del 1790) si munì anche di una serie di crani di animali e di uomini e cominciò a fare anche alcune dissezioni. In gioventù aveva notato che le persone con occhi prominenti erano caratterizzati da una buona memoria. Sulla base di questa ed altre osservazioni cominciò a studiare i tratti somatici maggiormente associati alle diverse abilità artistiche, arrivando a formulare i principi della teoria frenologica, secondo cui sarebbe stato possibile riconoscere le facoltà psichiche di ogni persona dall’osservazione delle protuberanze craniche, determinate a suo dire da un maggior sviluppo delle zone cerebrali sottostanti. Gall può essere infatti considerato il primo medico che studiò le aree della corteccia cerebrale e le facoltà ad esse associate. Altre sue osservazioni vennero pubblicate nel 1798, sotto forma di lettera rivolta ad un amico, sul Deutscher Mercur di Christoph Martin Wieland. …
La dottrina del cranio.
Nonostante le molte difficoltà incontrate, Gall fu il primo a studiare le varie aree della corteccia cerebrale; egli sostenne sempre che il cervello fosse formato da diverse parti connesse fra loro e che ognuna di queste parti avesse una precisa funzione nell’organismo. La “Dottrina del cranio” o, come la chiamò lo stesso Gall, “Organologia” si basava su alcuni criteri fondamentali; i più importanti:
- sia gli uomini sia gli animali nascono con determinate facoltà innate, che Gall denominò “attitudini”. Questa può sembrare (e in effetti lo è) una semplice osservazione, forse quasi banale e risaputa da tutti; è interessante però il fatto che Gall, per darne una spiegazione più esauriente, dimostrò che (come si è già detto all’inizio) le persone con grandi capacità di memoria avevano occhi grandi e molto sporgenti.
- il cervello è la sede dell’intelligenza. Questa constatazione fu fonte di diversi dibattiti, anche se fu considerata valida fino al momento in cui si sviluppò la vera psicologia; in questo modo Gall mise in discussione la teoria di Renè Descartes sul dualismo mente-corpo: la mente, infatti, non era più considerata separata dal corpo, ma come parte integrante dell’organismo nella sua totalità. Questo specifico punto della teoria fece sì che il problema mente-corpo rientrasse nel campo della psicologia e della biologia.
- il cervello non è un’unità omogenea, ma è l’insieme di diverse facoltà che hanno diverse funzioni; secondo Gall, infatti, tutti i singoli nuclei cerebrali erano proprio centri per determinare le capacità e le predisposizioni della persona. Condusse molti studi specialmente nei manicomi e concluse che in totale esistono ventisette facoltà, di cui diciannove presenti propriamente negli uomini e negli animali. Proprio per la grandissima innovazione di aver collegato a ciascuna funzione mentale uno specifico organo, George Henry Lewes lo definì il “Keplero della Psicologia”; Gall non abbandonerà mai l’idea che gli organi cerebrali avessero una precisa localizzazione e pensò anche che la potenza con cui una determinata facoltà si manifestava fosse collegata alla grandezza dell’organo stesso.
- dato che il cervello è protetto dal cranio e che questo si ossifica durante lo sviluppo infantile, le caratteristiche esterne di esso possono essere utilizzate per indagare l’interno dei singoli organi cerebrali e le singole facoltà. Da ciò si percepisce il grande interesse che Gall aveva per la fisiognomica, interesse dimostrato anche dalla pubblicazione nel 1815 di un testo intitolato The Physiognomical System of Drs. Gall and Spurzheim: la teoria presentata dai due medici è sicuramente molto diversa da quella del grande esponente Lavater, proprio per il collegamento che Gall fece tra i segni esterni craniologici e l’interno dei singoli organi.
Precursore della psicologia e neurologia.
In un’epoca in cui la scienza riteneva ancora il cuore sede di alcuni sentimenti, Gall notò che il cervello dovesse essere in realtà l’organo deputato alle facoltà intellettuali, morali ed affettive, individuando nei lobi frontali in particolare le funzioni psichiche superiori. Questo è un punto importante; Gall studiò, infatti, in un’epoca in cui regnava l’ignoranza: si parlava di fluidi che scorrevano nei nervi e il carattere dell’uomo, la cui spiegazione si collocava oltre l’interpretazione umana, era considerato un dono divino. Gall, invece, divise la totalità della capacità mentale in quelle che attualmente si chiamano “facoltà”: è proprio da questa nuova interpretazione che nacque una nuova psicologia, che iniziò a considerare ogni individuo diverso dall’altro. Per sottolineare ulteriormente l’importanza dei progressi che Gall effettuò basta ricordare che lo stesso Corvisart (Jean-Nicolas Corvisart des Marets, 1755-1821, fu il medico personale di Napoleone Bonaparte) approvò totalmente la fisiologia cerebrale delle localizzazioni. L’approccio fisiognomico di Gall si ricollega a un più generale progetto europeo che appunto si stava diffondendo proprio in quegli anni; una vera e propria rivoluzione: il fatto di considerare la percezione dell’io in termini di interiorità psicologica. In generale durante tutto il XIX secolo le teorie di Gall furono approvate in Gran Bretagna e negli Stati Uniti; in particolare riuscì anche a svilupparsi un movimento sociale di frenologia che lottò specialmente per far migliorare la cura dei tanti pazienti dei manicomi e anche l’educazione nei confronti di essi, che molto, anzi troppo frequentemente, erano considerati dei malati “diversi” dai quali mantenere le giuste distanze. La psicologia, la neuroanatomia e la fisiologia sfruttarono durante tutto questo secolo le osservazioni di Gall; veniva apprezzato molto il fatto che tutte le domande sulla mente erano state ricondotte alla fisiologia cerebrale e in questo modo erano stati sconfitti ed eliminati tutti quei secoli in cui a regnare erano le speculazioni e la pura riflessione metafisica. Queste ultime ignoravano completamente l’approccio biologico e organico. Inoltre, la fisiologia di Gall si oppose sostanzialmente a quella elaborata da J.P. Flourens (Marie-Jean-Pierre Flourens, 1794-1867, è stato un fisiologo francese, il primo ad aver dimostrato la funzione di gran parte del sistema nervoso centrale dei vertebrati), che, invece, negava l’esistenza di strutture particolari nel cervello, ma interpretava quest’ultimo come un tutto intero. La teoria delle localizzazioni fu poi ripresa da illustri medici quali Paul Broca, Jean-Baptiste Bouillaud, G.T. Fritsch, E. Hitzig e John Hughlings Jackson, da tutta la psicologia e la sociologia, specialmente con Comte; anche in questo campo i progressi furono innumerevoli: infatti cambiò il modo di contestualizzare l’uomo a livello della natura e del mondo.
Le opere pubblicate da Gall. Philosophisch-medizinische Untersuchungen über Natur und Kunst im kranken und gesunden Zustande des Menschen, 1791. Memoire concernant les recherches sur le systeme nerveux en general et sur celui du cerveau en particuler, 1808. Introduction au cours de physiologie du cerveau,1808. Anatomie et physiologie du système nerveux en general, et du cerveau en particulier, avec des observations sur la possibilite de reconnautre plusieurs dispositions intellectuelles et morales de l’homme el des animaux par la configuration de leurs têtes, 1810. Des dispositions innées de l’aime et de l’esprit, 1811. The Physiognomical System of Drs. Gall and Spurzheim, 1815. Sur les fonctions du cerveau et sur celles de chacune de ses parties, 1822: questa è la nuova edizione dell’opera pubblicata tra il 1810 e il 1819.
Estratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Franz_Joseph_Gall
Estratto da https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k649328
PDF delle opere di Franz Joseph Gall che si possono trovare nel web:
1806 Exposicion de la doctrina del doctor Gall nueva doctrina del cerebro: https://www.europeana.eu/portal/it/record/9200110/BibliographicResource_1000126620015.html
1807 Cranologie ou decuvertes nouvelle du dr. F. J. Gall concernant le cerveau, le crane et les organes: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k765336.texteImage
1908. GALL, Discours d’ouverture, lu par M. le Dr Gall à la première séance de son cours public sur la physiologie du cerveau, le 15 janvier 1808: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k649328
1825. Organologie ou Exposition des instincts: https://books.google.it/books?id=8Um_R-P5b7kC&pg=PP16&lpg=PP16&dq=1825+GALL+Organologie_ou_Exposition_des_instincts+4&source=bl&ots=1XxJSBuWOl&sig=ACfU3U0KkKiM6XfTETaNQfXVRMjHzpqZuQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwie7q60reflAhWKC-wKHdxlB_UQ6AEwBXoECAUQAQ#v=onepage&q=1825%20GALL%20Organologie_ou_Exposition_des_instincts%204&f=false
1835 GALL, Resumen analítico del sistema del doctor Gall: https://books.google.it/books?id=NipXuQFpfYcC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
1820-1875. Fowler Lorenzo Niles. Frenologia.
Venne cosl definita da John Forster (critico letterario inglese, 1812-1876) la nuova teoria che Franz Joseph Gall formulò e sostenne tra la fine del sec. XVIII e l’inizio del XIX. Secondo la frenologia ogni funzione psichica ha una sua specifica localizzazio nel cervello. A ciascuna particolare funzi0ne e disfunzione corrisponderebbe un particolare sviluppo o sottosvtluppo di questa o quella zona della mareria cerebrale che, a sua volta, si riprodurrebbe sulla conformazione esterna della scatola cranica. In tal modo l’esame attento e la misurazione scrupolosa della forma esterna del cranio, delle sue protuberanze e rientranze consentirebbe – con scientifica esattezza, secondo il Gall e i suoi seguaci – di tracciare un vero e proprio ritratto psichico dell’individuo, di diagnosticarne propensioni, tendenze: carattere ecc. in base alla divisione fatta dal Gall delle facoltà psichiche dell’uomo in due gruppi: quello delle facoltà che l’uomo ha in comune con gli altri animali e quello delle facoltà che solo l’uomo possiede. Le dottrine del Gall vennero sistemate dal suo discepolo Johann Caspar Spurzheim (1 776-1832) ed ebbero una rapidissima diffusione in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti, raggiungendo il loro culmine con la pubblicazione del Phrenological Journal curata ad Edimburgo sino al 1847 da Adrew Combe (medico frenologo). Ad onor del vero il Gall non era affatto un ciarlatano e diede anche importanti contributi alla conoscenza anatomo-fisiologica del cervello. In particolaew non era errata – e gli studi piu recenti lo hanno confermato – l’intuizione di base, ossia che singole zone del cervello sono in relazione con singole parti del corpo. L’errore fu quello di ritenere ritenere che anche qualità astratte come il coraggio, la fermezza, il talento artistico, il misticismo, ecc. avessero una loro particolare localizzazione nel cervello. Questa sua dottrina, quantunque impostata su ben piu vaste conoscenze del cervello, del sistema nervoso e delle facoltà psichiche, si riallaccia all’antica teoria della fisionomia (detta anche fisiognomia) secondo la quale le caratteristiche psichiche di ciascun individuo sarebbero state desumibili dalla sua somiglianza con questo o quell’animale (il coraggioso somigliava al leone, il furbo alla volpe, ecc.). Gall certamente conosceva la tradizione fisiognomica rappresentata da numerosissimi trattati medievali in greco e in latino e soprattutto in epoca moderna, dagli studi di Petrus Camper (anatomista olandese, si interessò anche di embriologia, anatomia comparata, paleontologia e arte, diventando membro della Royal Society. Fu politico conservatore. Introdusse per primo l’utilizzo dell’angolo facciale in anatomia comparata, collegandolo anche con l’ideale della bellezza nella rappresentazione dell’essere umano in età classica. 1722-1789).
Estratto da Storia della medicina, Armocida G., Bicheno E., Fox B., Jaka Book, 1993.
L’interesse di Walt Whitman (poeta americano) per la frenologia lo condusse il 16 luglio 1849 al gabinetto frenologico di Fowlers and Wells nella Clinton Hall di New York, dove si sedette per un esame frenologico. I fratelli Fowler di Cohocton, New York, erano professionisti della scienza della mente che sostenevano che le facoltà mentali sono indicate dalla conformazione del cranio e possono essere analizzate e migliorate. Il deposito frenologico stabilito dagli O.S. e L.N. Fowler nel 1842 offrì calchi di teschi, busti frenologici e libri, oltre a esami frenologici. Con l’ammissione di suo cognato, Samuel R. Wells, nel 1844 l’impresa fu ridisegnata da Fowlers e Wells.
L’esame di Whitman fu fatto da Lorenzo Fowler, un abile professionista, e l’analisi scritta, seguita da un elenco di facoltà con le loro dimensioni, fece una forte impressione sull’argomento. Era una lettura percettiva che giudicò Whitman forte nella “volontà animale” con grande Amatività, Autostima e Individualità. Whitman ha citato l’analisi e l’ha pubblicata diverse volte. Temi frenetici e linguaggio apparvero nella sua poesia.
Nel 1855 Fowlers and Wells pubblicizzò Leaves of Grass in vendita al loro nuovo Deposito Phrenological al 308 di Broadway. Con la partenza dalla ditta di Orson S. Fowler, occupata ora della casa ottagonale che aveva costruito a Fishkill, a New York, e con i suoi scritti su argomenti frenologici, l’azienda divenne Fowler e Wells. Il suo agente londinese, William Horsell, avrebbe avuto un ruolo nella creazione della reputazione inglese di Whitman. Nell’ottobre 1855 l’American Phrenological Journal, pubblicato da Fowler e Wells, portava la revisione senza firma di Whitman di Leaves of Grass. A novembre, Whitman divenne uno scrittore di personale per un altro periodico di Fowler and Wells, Life Illustrated, i cui contributi includevano la serie “New York Dissected”.
La seconda edizione ampliata di Leaves of Grass fu pubblicata anonimamente da Fowler e Wells nell’agosto del 1856. Stampati in oro sulla colonna vertebrale di ogni volume apparvero, senza autorizzazione, le parole di Emerson: “I Greet You at the Beginning of a Great Career”.
L’accoglienza sfavorevole del libro portò l’azienda a ritirare il loro sostegno e la relazione con il poeta che, a sua volta, divenne disincantato con gli editori-phrenologist. Per quanto riguarda i fratelli Fowler, attraverso conferenze, pubblicazioni e esami frenologici durante i decenni che seguirono, ognuno continuò a rendere popolare la convinzione che la conoscenza di sé attraverso l’analisi frenologica potesse portare all’autopromozione. Lo hanno fatto senza fare riferimento a Walt Whitman, il poeta che un tempo avevano analmente analizzato e pubblicato senza un’imprimatur.
Madeleine B. Stern
Fowler, Lorenzo Niles (1811–1896) and Orson Squire (1809–1887), Stern, Madeleine B., in J.R. LeMaster and Donald D. Kummings, eds., Walt Whitman: An Encyclopedia (New York: Garland Publishing, 1998), reproduced by permission.
Bibliography
Hungerford, Edward. Walt Whitman and His Chart of Bumps. American Literature 2 (1931): 350-384.
Stern, Madeleine B. Heads & Headlines: The Phrenological Fowlers. Norman: Univ. of Oklahoma P, 1971.
Estratto da: https://whitmanarchive.org/criticism/current/encyclopedia/entry_82.html
La Frenologia è un neologismo settecentesco da: phren (mente, cervello) e logos (racconto, studio). È una forma evoluta di fisiognomica. È una forma pionieristica di neuro-psicologia. Secondo la frenologia o freniatria, che ne è la versione ufficialmente medica: esiste un organo biologico del pensiero, che è il cervello. Tale organo psichico non è uniforme, ma si suddivide in molte funzioni mentali diverse, che sono separate le une dalle altre. Ciascuna facoltà mentale ha una sua precisa localizzazione anatomica in una particolare area corticale specializzata. La dimensione relativa di ciascun sotto-organo (area) del cervello si collega allo sviluppo della corrispondente facoltà mentale. Ciò dipende dal fatto che le ossa del cranio sono elastiche alla nascita e poi si solidificano, nella prima infanzia, sulla forma del sottostante cervello. Là dove un’area corticale, con la relativa funzione mentale, è più sviluppata, si rileva sul cranio la presenza di una protuberanza (bernoccolo) indicativa di tale maggiore sviluppo. Dove la funzione-area-organo è invece meno sviluppata: si nota una depressione. Si possono dunque conoscere le caratteristiche personologiche di ciascuno di noi analizzando la morfologia della nostra testa ovverosia del cranio (cranioscopia diagnostica).
La frenologia è stata sviluppata soprattutto nell’800, dai medici tedeschi Franz Joseph Gall (1758-1828) e Johann Gaspar Spurzheim (1776-1832). Nel Regno Unito la freniatria circola per iniziativa dell’avvocato scozzese George Combe (1788-1858). Negli Stati Uniti esplode grazie ai fratelli Fowler: Lorenzo Niles (1811–1896) e Orson Squire (1809–1887).
In Italia se ne fa promotore inizialmente il medico Luigi Ferrarese (1795-1855). Poi la rilanciano altri due medici: Cesare Lombroso (1835-1909) e Agostino Gemelli (1878-1959) con le loro teorie sulla fisiognomica craniale dei delinquenti.
L’enorme successo della freniatria dell’800, specie nei Paesi di lingua inglese, è paragonabile a quello della pop psychology nel ‘900. Vengono aperti, in ogni città, anche molti studi-ambulatori professionali di grande successo dove i frenologi propongono tutti i classici servizi (diagnostici, terapeutici, di orientamento e di consulenza psicologica personale) che sono tipici anche della psicologia di oggi. Nel tempo, la freniatria ha perso di credibilità, ma ne rimangono vivi molti spunti. Resta il modello delle localizzazioni cerebrali, che è tipico anche della neurofisiologia contemporanea benché con riferimento all’area visiva piuttosto che uditiva, invece che all’area della poesia o a quella della speranza o della segretezza. Resta il modello della valutazione psicologica basata su dati di superficie (fenomenologici), senza che vi sia alcuna identificazione oggettiva dei corrispondenti processi biologici sottostanti, quale è tipica dei test mentali e delle diagnosi psichiatriche nel nostro tempo.
Estratto da: http://psicotecnica.com/frenologia/
1825. LE ROY
1825. Le-Roy, La Medicina Curativa ossia La Purgazione, diretta a togliere la causa delle malattie, riconosciuta e analizzata in quest’opera e comprovata dai fatti. Del sig. Le-Roy, Chirurgo pratico e consulente di Parigi. Parte Prima. Venezia, Parolari Tip. Editore, 1825.
1825 LE-ROY -LA MEDICINA CURATIVA 1. (Scaricare PDF 112MB)
1825. La Medicina Curativa ossia La Purgazione, diretta a togliere la causa delle malattie, riconosciuta e analizzata in quest’opera e comprovata dai fatti. Del sig. Le-Roy, Chirurgo pratico e consulente di Parigi. Parte Seconda. Venezia, Parolari Tip. Editore, 1825.
1825 LE-ROY -LA MEDICINA CURATIVA 2. Scaricare PDF 102MB
1823. MASCAGNI PAOLO (1755-1815).
Giovanni Paolo Mascagni (1755-1815) è stato un anatomista e illustratore italiano. Nato dal nobile Aurelio del capitano Andrea Mascagni e da Elisabetta di Carlo Burroni, entrambi appartenenti ad antiche famiglie di Chiusdino, in provincia di Siena; approfondì gli studi scientifici nell’ateneo senese, dove ebbe tra i suoi maestri Pietro Tabarrani (per l’anatomia) e si laureò in filosofia e medicina nel 1778. Oltre alla predilezione per gli studi medici, ebbe interesse anche per le scienze naturali, come testimoniano alcuni studi giovanili sui Lagoni presso Siena e Volterra. L’ultimo anno di studi universitari fu nominato anche lettore supplente di Tabarrani e poi, dopo il compimento degli studi, lettore ordinario, dal 1780. Nel 1798 divenne presidente dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena. Durante l’occupazione francese della Toscana abbracciò la causa giacobina, ma questo gli comportò la detenzione per sette mesi nel periodo della Restaurazione quale sorvegliato politico. Nonostante ciò il 22 ottobre 1801 il Re di Etruria ruppe con un motu proprio la detenzione del Mascagni nominandolo professore di Anatomia, Fisiologia e Chimica all’Università di Pisa, obbligandolo anche a tenere due volte la settimana lezioni a Firenze, presso l’Arcispedale di Santa Maria Nuova, dove ebbe tra i suoi allievi Luigi Cittadini. In questi anni studiò soprattutto i vasi linfatici, studi che lo resero celebre in tutta Europa, scrivendo nel 1787 un’opera su di essi (Vasorum lymphaticorum corporis humani historia et iconografia). In anatomia, un incostante linfonodo colecistico (linfonodo di Mascagni) porta il suo nome, e viene spesso chiamato da alcuni autori linfonodo di Calot poiché sito nel triangolo omonimo. Maria Luisa di Borbone-Spagna poi lo istituì Professore Ordinario presso l’Ateneo di Firenze. Fu anche insegnante di Anatomia Pittorica all’Accademia di Belle Arti di Firenze e collaborò con l’Officina ceroplastica fiorentina in qualità di supervisore. Morì durante un soggiorno alla sua tenuta di Castelletto, presso Chiusdino, il paese del senese di cui era originaria la sua famiglia e in cui trascorreva gran parte del suo tempo libero, il 19 ottobre 1815. La sua tomba purtroppo è andata perduta; nella piccola cappella cimiteriale del luogo, si conserva però la pietra tombale.
Opere.Vasorum lymphaticorum corporis humani historia et ichnographia, Siena, Pazzini Carli, 1787; Prodromo della grande anatomia (1821); Anatomiae universae Pauli Mascagni icones (1823) conservata oggi alla Biblioteca Queriniana di Brescia.
Estratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Mascagni
1823. MASCAGNI Pauli, ANATOMIAE UNIVERSAE, Pauli Mascagni Icones, Pisis, Apud Nicolaum Capurro, MCCCXXIII.
Cranio, Falce durale, Nervi e Vasi.
Cervello in sezioni e catena di gangli nervosi del simpatico toraco addominale.
Colonna vertebrale con midollo, radici e plessi venosi. Viste della base cranica, della meninge e superficie cerebrale, base encefalica, nervi coccigei.
Sezioni sagittali mediane dell’encefalo.
Sezioni sagittali mediane della dura.
1829. Ellis William, Polynesian reserches during a residence of nearly six years in the south sea islands.
Ellis William, Polynesian reserches during a residence of nearly six years in the south sea islands; including descriptions of the natural history and scenary of the island – with remarks on the history, morphology, traditions, government, arts, manners and customs of the inhabitants, London, Fisher son & Jackson, 1929, 2 vol., p. 276.
Trapanazioni craniche nelle Isole del Pacifico: Isole della Società
…Una delle aree dove le operazioni sono state rese note recentemente sono nella Polinesia e nella Melanesia [vedi Bibliografia]. Sembra che non siano state riportate trapanazioni craniche nella Micronesia e nelle Isole più settentrionali del Pacifico. Un numero di rapporti hanno descritto questa pratica nella Polinesia [tra la Nuova Zelanda e l’Isola di Pasqua], nelle isole centro meridionali del Pacifico. Già nel 1829 Williams Ellis, un missionario, ha riportato una “trapanazione” nelle Isole della Società (Ellis, 1829). Consisteva nella rimozione dei frammenti ossei dopo una frattura traumatica, e non una vera trapanazione o nel fare una depressione o un foro nel cranio intatto. Egli descrisse come i nativi riparassero il difetto osseo coll’inserire un pezzo della scorza del cocco. Egli raccontò anche la storia che il cervello traumatizzato (lacero-contuso) veniva rimosso e sostituito, senza successo, col cervello di un maiale, dicendo che la persona sempre diventava matta e moriva. La scorza del cocco era scelta sicuramente per la sua durezza e per la sua somiglianza alla volta cranica -la somiglianza con i solchi venosi interni [in realtà arteriosi] dava una identità magica. Se la scorza di cocco era inserita nel difetto cranico ricvestiva e proteggeva la frattura non è chiaro dal rapporto pubblicato (vide infra). Altre trapanazioni craniche sono state riportate da altri autori nelle Isole della Societò inclusa Tahiti [v. Bibliografia].
Estratto da Margetts Edward L., Trepanation of the skull by the Medicine-men of Primitive Cultures, with particular reference to present day native East African practice, in Brothwell Don and Sandson A.T., Disease in Antiquity, Charles C. Thomas, 1829, pg.674.
1834. PANIZZA BARTOLOMEO (1785-1867).
Panizza Bartolomeo Nacque a Vicenza il 15 agosto 1785 in una famiglia di modeste condizioni, da Bernardino, medico, e da Adriana Scola. Si laureò in chirurgia a Padova nel 1805. Dopo aver fatto pratica, oltre che nella città natale, a Bologna e a Firenze, si trasferì a Pavia per frequentare la facoltà di medicina, laureandosi con lode nel 1809. Cominciò subito a lavorare con Antonio Scarpa, docente di Anatomia nell’ateneo pavese e, a Milano, con Gian Battista Monteggia e Gian Battista Palletta. Le difficoltà economiche affrontate durante gli studi divennero più pressanti quando il padre, desideroso di averlo al fianco nell’esercizio della professione, gli comunicò di non essere disposto a sostenere ulteriori sacrifici, ingiungendogli di tornare a Vicenza. Determinato a realizzare le sue aspirazioni, Panizza restò invece in Lombardia, lavorando instancabilmente e realizzando varie preparazioni per il museo anatomico di Scarpa. A Milano cominciò a collaborare anche con il chirurgo modenese Paolo Assalini, direttore della clinica chirurgica presso l’ospedale militare, dal quale ottenne un prezioso sostegno economico. … Nel 1815 si trasferì a Pavia, dove Scarpa lo aveva segnalato per ricoprire come supplente la cattedra di anatomia, della quale divenne titolare due anni più tardi. Per l’anno 1818-19 gli fu conferita anche la supplenza di oculistica. Con Scarpa collaborò sempre e fu pronto ad assisterlo anche nella lunga malattia che lo portò a morte nel 1832. Le sue lezioni erano colloquiali, molto frequentate e coronate da applausi. Suoi studenti e allievi furono, tra gli altri, Alfonso Giacomo Corti, Paolo Mantegazza, Cesare Lombroso, Andrea Verga, Filippo De Filippi, Camillo Golgi e William Sharpey. Al fianco di Scarpa lavorò all’accrescimento delle collezioni di anatomia normale, patologica e comparata, realizzando con cura e perizia tecnica un numero straordinario di preparati, e succedendo al suo maestro nella direzione del museo. Come direttore si occupò anche di una parziale riorganizzazione degli spazi, in modo da rendere più comodo e agevole il lavoro per le preparazioni su cadavere e per le indagini microscopiche. … I primi lavori di Panizza, frutto dell’esperienza maturata nella clinica oculistica tra il 1818 e il 1819, ottennero una buona accoglienza da parte della comunità scientifica (Annotazioni anatomico-chirurgiche sul fungo midollare dell’occhio, Pavia 1821, seguita da un’appendice Sul fungo midollare dell’occhio, Pavia 1826). In seguito pubblicò le sue Osservazioni antropozootomico-fisiologiche (Pavia 1830), dedicate all’anatomia umana e comparata, che gli valsero un premio dall’Accademia di Francia. Reazioni molto positive suscitò il lavoro Sopra il sistema linfatico dei rettili. Ricerche zootomiche (Pavia 1833) in cui descrisse il passaggio alla base dei due tronchi aortici del cuore del coccodrillo, attraverso il quale il sangue venoso si mescola con quello arterioso, ricordato come ‘forame di Panizza’. L’opera gli valse la nomina a membro dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Francia. Alla fisiologia furono dedicate le Ricerche esperimentali sui nervi (Pavia 1834), nelle quali confermò sperimentalmente l’ipotesi di Charles Bell e Francois Magendie che le radici posteriori dei nervi spinali avessero una funzione sensoriale e le radici anteriori una funzione motoria. Dimostrò anche la funzione gustatoria del nervo glossofaringeo che alcuni proposero in seguito di chiamare ‘nervo gustatorio del Panizza’. Nominato nel 1838 membro effettivo dell’Istituto lombardo di Milano, Panizza avviò la sua collaborazione con un lavoro di argomento teratologico (Storia di un mostro umano anencefalo che visse diciotto ore, in Giornale dell’I.R. Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti, (1841, 1, pp. 297-309), seguito da pubblicazioni dedicate alla fisiologia e all’anatomia comparata. Le ricerche in quest’ambito furono alla base di un dissidio con Mauro Rusconi, abile dissettore e preparatore di animali, anch’egli in rapporto di collaborazione con Scarpa. L’antagonismo sarebbe sfociato in un acre scontro, iniziato proprio durante una seduta dell’Istituto lombardo (10 dicembre 1840), riguardante il sistema linfatico dei rettili. Rusconi era convinto che i tronchi arteriosi fossero, nella salamandra e in generale nei rettili, contenuti nei vasi linfatici (come la mano in un guanto), mentre secondo Panizza il sistema linfatico di questi animali, più sviluppato del sistema venoso e arterioso, si addossava ad esso, avviluppandolo (come lo sarebbe la testa dell’uomo in una doppia berretta da notte). La polemica vide la pubblicazione di vari lavori e arrivò a interessare anche il Congresso degli scienziati italiani, tenuto a Milano nel 1844, che istituì una commissione per decidere quale fosse l’opinione corretta e si pronunciò in favore di Panizza (B. Panizza, Sul rapporto tra i vasi sanguigni e linfatici dei rettili, Milano 1844). Solo la morte di Rusconi, avvenuta nel 1849, pose fine a uno scontro che, presto passato anche al piano personale, aveva amareggiato entrambi i protagonisti. Nel 1843 Panizza pubblicò le Annotazioni chirurgiche sulla ghiandola parotide (Gazzetta medica di Milano, II, pp. 73-79) nella neofondata rivista da lui diretta che avrebbe poi cambiato nome in Gazzetta medica lombarda e, in seguito, in Gazzetta medica italiana. L’opera più importante di Panizza, relativa alla scoperta del centro corticale della visione, apparve nel 1855 (Osservazioni sul nervo ottico, in Giornale dell’I.R. Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti, 7, pp. 237-52). Vi sono descritti esperimenti condotti su varie specie di animali (enucleando i bulbi oculari e osservando la proiezione delle degenerazioni ottenute o lesionando diverse zone dell’encefalo per determinare gli effetti della lesione sulla funzione visiva), messi in rapporto con osservazioni autoptiche su pazienti che avevano perso l’uso della vista, che gli consentirono di delineare il percorso della via ottica dall’occhio all’area cerebrale. Panizza fu così in grado di attribuire alla regione posteriore dell’encefalo il ruolo di stazione di arrivo della sensibilità visiva, divenendo un antesignano nelle ricerche sulle localizzazioni cerebrali delle funzioni psichiche. Nel 1860, anno in cui il figlio Emilio combatté in Sicilia fra i garibaldini, Panizza veniva nominato senatore del Regno. Nel 1864 fu collocato a riposo, conservando il titolo di direttore onorario del museo anatomico.
Panizza fu un ricercatore accurato e rigoroso. Restio a pubblicare lavori di ampio respiro, preferiva dedicarsi a opere brevi, dedicate ad argomenti circoscritti, che presentassero risultati confermati da esperienze accuratamente ripetute. I suoi lavori, scritti in uno stile semplice e alieno da ogni retorica, sono spesso corredati da tavole litografiche e calcografiche preparate con grande precisione. Estremamente modesto e schivo, ebbe però l’onore di essere membro di numerose accademie scientifiche italiane ed europee, e fu insignito del titolo di cavaliere della Corona ferrea, della Croce di Savoia e dell’Ordine mauriziano. Fu rettore dell’Università di Pavia nel 1826-27 e preside della facoltà di medicina nel 1856-57. Morì a Pavia il 17 aprile 1867. Nel 1873 fu eretta in sua memoria una statua in uno dei cortili dell’Università.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Autografi, 149, 217;Arch. di Stato di Pavia, Antico archivio dell’Università, Medicina, 48, 535; Pavia, Archivio storico dell’Università, Fascicoli personali docenti, ad nomen; Padova, Archivio storico dell’Università, 295, c. 130v; Pavia, Museo per la storia dell’Università, Mss., cc. 3-5, 79, 97, 100, 104. G. Albertini, Della vita e delle opere del commendatore prof. B. P., in Annali universali di medicina, s. 4, 1867, vol. 66, pp. 656-674; C. Platner, Commemorazione del professore emerito e senatore B. P., letta nelle di lui esequie il 18 aprile 1867, Pavia [1867]; G. Strambio, Necrologia [di B. P.], in Gazzetta medica italiana. Lombardia, XXVI (1867), p. 133; F. Orsi, Il dì dell’inaugurazione della statua del professore B. P., Milano 1873; A. Corradi, Memorie e documenti per la storia dell’Università di Pavia e degli uomini più illustri che v’insegnarono, Pavia 1878, passim; A. Verga, Sulla vita e sugli scritti di B. P.…, Pavia 1908; Lettere del prof. B. P. quale appendice alla sua biografia prodotta dal dott. Andrea Verga …, Vicenza 1910; R. Soriga, Il biennio 1848-49 a Pavia, secondo una inchiesta riservata del governo austriaco, in Bollettino della Società pavese di storia patria, XV (1919), 1-4, pp. 148-156; A. Carimati, Sull’atteggiamento patriottico nel 1848 di B. P. (1785-1867), in Castalia, XI (1955), 6, pp. 255-269; A. Pensa, B. P., in Discipline e maestri dell’Ateneo pavese, Segrate 1961, pp. 251-258; D.W. Taylor, Sharpey, William, in Dictionary of scientific Biography, XII, New York 1975, p. 354; P. Mazzarello – S. Della Sala, The demonstration of the visual area by means of the atrophic degener-ation method in the work of B. P. (1855), in Journal of the History of Neurosciences, (1993), 4, pp. 315-322; S. Zago et al., B. P. and the discovery of the brain’s visual center, in Archives of neurology, 2000, vol. 57, pp. 1642-1648; S. Polenghi, Studenti e politica nell’Università di Pavia durante il Risorgimento (1814-1860), in Storia in Lombardia, 2001, 3, pp. 5-38; M. Colombo – A. Colombo – C.G. Gross, B. P.’s observations on the optic nerve (1855), in Brain research bulletin, 2002, vol. 58, n. 6, pp. 529-539; P. Mazzarello, Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi, Torino 2006, pp. 42-49; Id., La medicina e le discipline affini nelle pubblicazioni dell’Istituto Lombardo, in L’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere, II, Storia della classe di scienze matematiche e naturali, a cura di E. Gatti – A. Robbiati Bianchi, Milano 2008, pp. 565-670.
di Maria Carla Garbarino
Estratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/bartolomeo-panizza_%28Dizionario-Biografico%29/
Scaricare il PDF di Ricerche sperimentali sopra i nervi, lettera del professore Bartolomeo Panizza al professore Maurizio Bufalini, Pavia, Tipografia Bizzoni, 1834 da https://books.googleusercontent.com/books/content?req=AKW5Qadp5C6BACsF59a0TSk2Vxu6nz2RzSOx0i00_6nHdk8SaEEmV1IBLccmBvqqgXAZzftOg2_EK1jRY3Azk6DZ_Y05WCM6d3shBNMcw2LaFROblLJKheGybEeGLIyDGP6sp6znrJsC_05AWcrRVoCYSJ_w8_Q6eabODsOHl_GYMGQtyiAhRuq9__VFifRgHcGe-0FoA3etsZM3KNZ3P5I66PS2wcoww4v5XNNoK0-e6975jPIFCopijgSHTtPtrkyKoblL1BJBAAayaiF3uNQJrMRzqeA6tqDs4Smlig7oHE_J4J0U
1835. PACINI FILIPPO (1812-1883).
Filippo Pacini, Anatomista e istologo, a Filippo Pacini si deve la scoperta dei nervi della percezione tattile e del vibrione del colera, osservato grazie alle innovazioni da lui apportate nell’uso e nella costruzione dei microscopi. A lui si deve anche lo sviluppo di un nuovo metodo per la respirazione artificiale. Lo studio dell’anatomia è il campo in cui la sua competenza microscopica si unisce alla didattica, in un progetto formativo di ampio respiro.
La vita. Filippo Pacini nacque a Pistoia il 25 maggio 1812, figlio di Francesco, calzolaio, e di Umiltà Dolfi. Seguì studi religiosi presso il Seminario vescovile, studi filosofici e fisici nel Liceo della Sapienza e studi medico-chirurgici nella Scuola dell’Ospedale del Ceppo (1830-36). Matricolatosi a Firenze in chirurgia nel 1834, svolse dapprima l’incarico di giovine di camposanto, cioè di dissettore, giovine chirurgo di settimana e poi secondo giovine chirurgo di medicheria. Nel 1839 si laureò a Pisa in Chirurgia e nel 1840 in medicina. Dissettore di anatomia comparata presso Paolo Savi, nel Museo di storia naturale di Pisa nel 1840-41, diventò dissettore e ripetitore di anatomia umana nel 1843, sostituendo a tutti gli effetti il titolare dell’insegnamento, Giovanni Bechelli, fino al 1845-46. Risalgono a questo periodo gli studi di anatomia comparata, proseguiti anche in seguito. Dal 1847 si trasferì a Firenze, dove ottenne l’incarico dell’insegnamento di Anatomia Descrittiva nel liceo e di Anatomia Pittorica nell’Accademia di belle arti, per poi ricoprire, dal 1849 – anno in cui diventò membro del Collegio medico fiorentino – il ruolo di professore di Anatomia Sublime e delle regioni del corpo, mutato successivamente in Anatomia Istologica e delle regioni del corpo e, nel 1872, in Anatomia Topografica e Istologica. Morì il 9 luglio 1883 a Firenze, nella sua abitazione in via Fiesolana. Fu sepolto nel cimitero della Misericordia, ma, nel 1935, i suoi resti furono traslati a Pistoia, insieme con quelli di altri due celebri anatomici pistoiesi, Atto Tigri (1813-1875) e Filippo Civinini (1805-1844), nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, detta Chiesa della Madonna del Letto, nel complesso monumentale dell’Ospedale del Ceppo.
Le prime ricerche. Pacini condusse le prime ricerche a Pistoia nella Villa di Scornio, di proprietà di Niccolò Puccini (1799-1852), celebre intellettuale, mecenate e filantropo, che mise a sua disposizione anche un microscopio, costruito da Giovan Battista Amici, direttore dell’Osservatorio astronomico «La Specola» di Firenze. Nel 1835 presentò alla Società medico-fisica fiorentina una relazione in cui illustrava la scoperta dei corpuscoli dei nervi digitali che oggi portano il suo nome, responsabili della percezione della sensazione tattile e della pressione profonda (Sopra un particolare genere di piccoli corpi globulari […], «Nuovo giornale de’ letterati», 1836, 32, pp. 109-14; Nuovi organi scoperti nel corpo umano, 1840). Li chiamò ganglii del tatto: il nome Pacinischen Körperchen venne proposto nel 1844 dall’istologo Rudolf Albert von Kölliker, che confermò la loro esistenza (Henle, Kölliker 1844). Nel 1862, però, l’anatomista viennese Karl Langer rivendicò la priorità di Abraham Vater (1741), i cui studi erano però sconosciuti a Pacini (Langer 1861, 1862). Pacini fu, in realtà, il primo a descriverne la distribuzione, la struttura microscopica, le connessioni nervose (Bell, Bolanowski, Holmes 1994, pp. 79-128), interpretandone il ruolo nella sensazione del tatto e della pressione profonda (Bentivoglio, Pacini 1995, pp. 161-65). Colpito dalla portata di questa scoperta, il granduca di Toscana Leopoldo II gli donò un microscopio molto più potente, la cui proprietà fu oggetto di una lunga querelle tra Pacini e l’Università di Pisa, nel momento del suo trasferimento a Firenze. Pacini introdusse l’uso del microscopio nella pratica quotidiana dell’anatomia, intervenendo personalmente nella progettazione degli strumenti. Verso gli anni Trenta del 19° sec. erano state introdotte le lenti acromatiche. Il raffinamento delle tecniche di preparazione e colorazione, l’uso del microtomo e lo sviluppo della teoria cellulare fornirono nuovi elementi per l’approfondimento della ricerca. Le innovazioni apportate da Pacini nella costruzione dei microscopi sono innumerevoli: oltre a garantire una maggiore stabilità, il microscopio da lui ideato disponeva di un compressore più efficace e aveva un sofisticato e valido sistema di messa a fuoco: i filtri, inoltre, venivano inseriti in un disco nel piatto portaoggetti (si v. l’esemplare conservato al Museo Galileo di Firenze, Sala XIV, Inventario 2660). È attribuibile alla sua creatività anche un microscopio invertito, detto fotographico e chimico, dove il preparato veniva illuminato dall’alto e osservato dal basso: esso consentiva di osservare reazioni chimiche senza che i gas o le effervescenze disturbassero la visione (l’esemplare è conservato al Museo Galileo di Firenze, Sala XIV, Inventario 2655 bis). Nel 1845 Pacini dette alle stampe un testo programmatico, in cui motivava le innovazioni tecniche apportate, frutto di un lungo lavoro di affinamento delle sue abilità (Sopra un nuovo meccanismo di microscopio […]).
Il colera. La straordinaria perizia nell’uso del microscopio consentì a Pacini di aprire la strada anche agli studi nel campo dell’infettivologia. Nel 1854, infatti, durante la pandemia di colera scoppiata a Firenze, in collaborazione con un altro medico e ricercatore pistoiese, Francesco Magni (1828-1888), futuro professore di oftalmologia e rettore dell’Università di Bologna, esaminò sistematicamente il sangue, le feci e le alterazioni delle mucose intestinali dei soggetti morti di colera. In questo modo, Pacini poté dimostrare la presenza, nella mucosa intestinale, di milioni di elementi che chiamò vibrioni (Franceschini 1971, pp. 324-32). Contro la teoria allora imperante dei ‘miasmi’, sostenne che il contagio era dovuto alla trasmissione interumana di questo microrganismo, gettando le basi dell’infettivologia. Descrisse la malattia come una perdita massiva di fluidi e di elettroliti, dovuta all’azione locale del vibrione sulla mucosa intestinale, e raccomandò, nei casi più gravi, l’iniezione endovenosa di cloruro di sodio diluito in acqua, misura dimostratasi più tardi molto efficace (Dini 1990, pp. 137-52). Dedicò a questo argomento diverse pubblicazioni, alcune delle quali in aperta polemica con il clinico Maurizio Bufalini (1787-1875). Pacini introdusse, nello studio della malattia, un approccio ‘matematico’, descrivendo il colera come un «disordine di quantità» e non di qualità, in quanto «tutto il suo meccanismo non consiste che in una vicenda di perdite e di riparazioni» (Della natura del colera asiatico […], 1866, p. 7). Ripercorrendo le tappe delle sue scoperte, Pacini ricorda come la prima osservazione fu dovuta alla «mancanza di una certa quantità di villi, e la presenza di alcune corrosioni più o meno superficiali della membrana medesima» negli «intestini di colerosi» (Osservazioni microscopiche e deduzioni patologiche sul cholera asiatico, 1854, p. 13), che assumevano l’aspetto di un «velluto intignato, vale a dire, mancante di filamenti o villi in alcuni punti», là dove sembravano «rasati alla base» (p. 14). Causa prossima della malattia era, quindi, il vibrione, che «esiste, si vede, e non è ipotetico», ma vero elemento di contagio, sostanza «organica, vivente, d’indole parasitica, comunicantesi, riproducentesi, e perciò producente una malattia di un carattere speciale» (pp. 26-27). La sua scoperta, completamente ignorata dalla comunità scientifica, fu riabilitata nel 1884, quando Robert Koch, fondatore della batteriologia, all’oscuro dei lavori di Pacini, descrisse nuovamente il vibrione (Subba Rao, Howard-Jones 1978, pp. 32-38). Nel 1905, a Koch venne assegnato il premio Nobel, ma, nel 1966, il Comitato internazionale sulla nomenclatura adottò ufficialmente la denominazione di Vibrione del colera Pacini 1854, per indicare l’agente responsabile del colera.
La respirazione artificiale. Partendo dall’osservazione clinica dello stato di morte apparente dei colerosi, Pacini sviluppò nel 1870 un metodo per la respirazione artificiale (Sull’ultimo stadio del colera asiatico […], 1871), basato sulla mobilitazione ritmica degli arti superiori nel paziente privo di coscienza, che consigliò per resuscitare le persone annegate o avvelenate da narcotici (Della respirazione artificiale, «L’imparziale», 1880, 20, pp. 535-48 e 563-79). Nell’Ottocento, infatti, i casi di asfissia, dovuti a inalazione di gas tossici prodotti da inadeguati sistemi di riscaldamento domestico o da processi industriali senza protezioni per i lavoratori o ad annegamento, erano assai frequenti, e si era reso indispensabile adottare un sistema efficace per la loro rianimazione, al di là di quelli, ormai superati, di Leroy d’Etiolle (1829), di Marshall Hall (1856) o di Henry Robert Silvester (1863; cfr. Dall’Olio 2009). Pacini suggeriva di distendere il soggetto da soccorrere sul dorso, sopra un piano inclinato con la testa posta sulla parte rialzata. Era poi necessario esplorare il cavo orale e faringeo, liberando le vie aeree e rimuovendo ogni impedimento, senza premere sul basso ventre per evitare il rigurgito e il passaggio dei liquidi dallo stomaco alle vie respiratorie. A questo punto l’operatore si doveva porre dietro la testa del paziente, afferrando le braccia in prossimità dell’articolazione scapolo-omerale, tirando verso di sé e sollevando il moncone delle spalle. Il movimento si sarebbe trasmesso per mezzo delle clavicole allo sterno, che avrebbe consentito il sollevamento delle costole. Nel caso di soggetti molto robusti, era consigliabile praticare le trazioni inspiratorie, servendosi di due anelli di tela o di cuoio, applicati alla sommità delle braccia dell’asfittico. Pacini contemplava anche altri casi specifici e, infine, a sostegno della validità dei suoi metodi, pubblicava nove «casi di resurrezione» (Del mio metodo di respirazione artificiale nella asfissia e nella sincope […], «Lo sperimentale», 1876, 37, pp. 39-71).
Anatomia vs istologia. Con la riforma Giorgini del 1840 fu inaugurato in Toscana un periodo di intenso ripensamento nell’organizzazione degli studi. La durata del corso di laurea in medicina passò infatti da 4 a 5 anni: una volta ottenuto il conseguimento della laurea a Pisa, doveva seguire la frequenza degli studi pratici nell’ospedale fiorentino di S. Maria Nuova, dove fu istituita la Scuola di complemento e di perfezionamento, con undici cattedre che tornavano a dipendere da Pisa, ma nei cui ruoli erano di nuovo inseriti i docenti fiorentini. Tra queste, la cattedra di Anatomia Sublime e delle Regioni, i cui corsi avevano la durata di cinque mesi. L’insegnamento dell’anatomia fu tuttavia al centro di accese discussioni. La didattica dell’anatomia rappresentava infatti un capitolo fondamentale nel percorso formativo degli studenti e il dibattito si incentrava sulle modalità in cui tale insegnamento avrebbe dovuto svolgersi. Dal 1844, anno in cui fu pubblicato il Regolamento per la sezione di studi medico pratici in Santa Maria Nuova, nei ruoli dell’università compare il nome di Pacini, supplente alla cattedra di Ferdinando Zannetti (1801-1881), insieme a quello di Ferdinando Lecchini, dissettore e custode del Museo fisiologico. Quando Giorgio Pellizzari assunse, nel 1847, l’incarico dell’insegnamento dell’Anatomia Patologica, quello di anatomia descrittiva al liceo e quello di anatomia pittorica per le Belle arti furono affidati a Pacini che, dal 1849-50, diventò professore di Anatomia Sublime e delle regioni del corpo in sostituzione di Zannetti. Già dal 1851 Pacini mutò la titolazione del proprio insegnamento in Anatomia Istologica e delle regioni del corpo, dando dignità accademica a quella disciplina anatomica fondata nel corso del Settecento da Albrecht von Haller, Andreas Bonn, Marie-François-Xavier Bichat. Le vicende istituzionali, legate alle varianti della dizione del nome del corso e ai rapporti con l’ateneo pisano, contribuiscono a evidenziare la differenza di impostazione concettuale della disciplina e le modifiche interne a tutto il corso degli studi medici. Il 22 dicembre 1859 il governo provvisorio toscano chiuse la Scuola di Santa Maria Nuova, creando l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, organizzato in quattro sezioni, corrispondenti ai quattro Collegi dell’antico Studium fiorentino, imponendo che gli studenti di Pisa e Siena frequentassero il terzo biennio presso l’Istituto fiorentino, per ottenere l’abilitazione alla professione. Risalgono al 1860 le indicazioni fornite dal Regolamento per la Sezione medico-chirurgica dell’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, in cui si stabiliva che il professore di anatomia corografica trattasse di questa scienza per regioni corporee, e procurasse che i praticanti si addestrassero nelle preparazioni anatomiche. Terminato il corso di anatomia corografica, lo stesso professore avrebbe cominciato quello di istologia, preparando gli studenti nell’uso del microscopio. Su questa nuova impostazione, Pacini modellò il suo insegnamento, ribadendo la necessità di una laurea unica, in medicina e chirurgia (Sulla Scuola medico-chirurgica di Firenze, 1860). Le origini dell’anatomia microscopica, che considerava equipollente all’istologia, erano da ricercare, secondo Pacini, in Toscana, nell’opera di Felice Fontana: l’istologia è una parte dell’anatomia e si occupa della intima tessitura degli organi, e della chimica composizione dei loro tessuti (Cosa è ed a che è buona l’anatomia microscopica del corpo umano? Questione vivamente agitata in Toscana, ora un poco dilucidata da F.P., 1847). Pacini sottolinea, infatti, la limitatezza dell’anatomia pittorica descrittiva, sia che «fosse fatta per sistemi, sia che fosse fatta per regioni», ribadendo l’importanza dell’insegnamento di Bichat, che riuscì a svincolare l’anatomia dal campo della chirurgia, per avvicinarla a quello della medicina, creando l’anatomia generale. La nomenclatura, già di per sé poco soddisfacente secondo Pacini, rappresentava una questione non puramente terminologica, ma, in fondo, sostanziale. Anche la stessa definizione di anatomia sublime, inventata presso la Scuola fiorentina, poteva essere spiegata, secondo Pacini, solo nei termini di anatomia generale o dei tessuti, come la definiva Bichat, e quale Pacini aveva praticato nell’insegnamento, convertendola in istologia o anatomia microscopica. Tale variazione nella didattica provocò una reazione negativa negli ambienti accademici. La durata del corso fu ridotta da cinque a due mesi, dispensando gli scolari dal frequentarlo, e provocando la risposta polemica di Pacini. L’impostazione di Pacini prevedeva una marcata differenziazione tra l’anatomia chirurgica o delle regioni, e l’anatomia descrittiva, che comprendeva sostanzialmente due parti, quella istologica, che riguardava il tessuto degli organi, e quella ‘organologica’, che riguardava la ‘conformazione esteriore’ degli organi stessi, facendo riferimento all’opera di Bichat, Alexis Boyer, Gaspard-Laurent Bayle. Dal 1872, l’insegnamento assunse il nome di anatomia topografica e istologica: nel 1874, l’insegnamento fu separato e Pacini rimase titolare del corso di anatomia topografica e istologica, lasciando a Luigi Paganucci quello dell’anatomia descrittiva. L’esempio di Pacini, che aveva sovvertito, a partire dal 1849, le regole di insegnamento tradizionali dell’anatomia, lasciò una profonda influenza, ma rappresentò il punto di arrivo di un processo che era cominciato molti anni prima; mentre si affermava la patologia cellulare di Rudolf Virchow (1821-1902) e il processo di localizzazione della malattia sembrava aver aperto la strada alla svolta diagnostica, Pacini anticipò la questione del rapporto tra diagnosi e terapia, sottolineando l’importanza della preparazione alla microscopia anatomica. Innumerevoli furono i contributi di Pacini, dall’anatomia alla fisiologia e alla medicina legale, ma, nonostante gli innegabili successi delle sue ricerche, egli lamentò per tutta la vita la tangibile ostilità dell’ambiente scientifico, provata dalla mancata assegnazione del premio dell’Accademia dei Lincei per le scienze biologiche del 1879.
Opere. Le Carte Pacini sono custodite presso la Biblioteca nazionale di Firenze; a tale riguardo si v. A. Bianchi, Relazione e catalogo dei manoscritti di Filippo Pacini esistenti nella R. Biblioteca Nazionale di Firenze, Firenze 1889. Sopra un particolare genere di piccoli corpi globulari scoperti nel corpo umano da Filippo Pacini, «Nuovo giornale de’ letterati», 1836, 32, pp. 109-14. Nuovi organi scoperti nel corpo umano da Filippo Pacini di Pistoia, Pistoia 1840. Nuove ricerche microscopiche sulla tessitura intima della retina nell’uomo, nei vertebrati, nei cefalopodi, e negli insetti: preceduta da alcune riflessioni sugli elementi morfologici globulari del sistema nervoso, «Nuovi annali delle scienze naturali di Bologna», luglio-agosto 1845. Sopra un nuovo meccanismo di microscopio specialmente destinato alle ricerche anatomiche e fisiologiche, «Nuovi annali delle scienze naturali di Bologna», nov. 1845, pp. 1-24. Cosa è ed a che è buona l’anatomia microscopica del corpo umano? Questione vivamente agitata in Toscana, ora un poco dilucidata, Firenze 1847. Osservazioni microscopiche e deduzioni patologiche sul cholera asiatico, «Gazzetta medica italiana», 1854, pp. 397-401 e 405-12; poi come monografia, Firenze 1854. Appendice alle Considerazioni sulla Scuola medico chirurgica di Firenze del Dottor Filippo Pacini, Firenze 1860. Sulla Scuola medico-chirurgica di Firenze, Firenze 1860. Della natura del colera asiatico, sua teoria matematica e sua comparazione col colera europeo e con altri profluvij intestinali, Firenze 1866. Il mio metodo di respirazione artificiale per la cura della asfissia posto a confronto con gli altri metodi generalmente usati, «L’imparziale», 1870, 10, pp. 481-86. Sull’ultimo stadio del colera asiatico o stadio di morte apparente dei colerosi e sul modo di farli risorgere, Firenze 1871. Del mio metodo di respirazione artificiale nella asfissia e nella sincope, con nove casi di resurrezione, e risposta ad alcune obiezioni sperimentali del Prof. Maurizio Schiff, «Lo sperimentale», 1876, 37, pp. 39-71. Di alcuni pregiudizi in medicina legale, ed. con alcune aggiunte, Firenze 1876. Sopra il caso particolare di morte apparente dell’ultimo stadio del colera asiatico: appendice a Del mio metodo di respirazione artificiale nella asfissia e nella sincope, con nove casi di resurrezione; e Post-scriptum sugli impedimenti al sapere del sillabo bufaliniano, «L’imparziale», marzo 1876. Della respirazione artificiale praticata secondo i principj salutari della vera scienza, «L’imparziale»,1880, 20, pp. 535-48 e 563-79. Sul concorso al premio di 10000 lire istituito da S.M. Re Umberto per le scienze biologiche presso la R. Accademia dei Lincei in Roma, Firenze 1881. La Reale Accademia dei Lincei ed il colera asiatico nel concorso al premio reale del 1879 per le scienze biologiche. Riflessioni morali, Firenze 1883.
Bibliografia. J. Henle, R.A. von Kölliker, Über die Pacinischen Körperchen an den Nerven des Menschen und der Säugethiere, Zürich 1844. C. Langer, Zur Anatomie und Physiologie der Haut, Sitzungsberichte der Akademie der Wissenschaften in Wien, «Mathematisch-naturwissenschaftliche Klasse», 1861, 44, pp. 19-46; 1862, 45, pp. 133-88. L. Castaldi, Un manoscritto inedito di Filippo Pacini sull’ordinamento degli studi anatomici, «Rivista di storia delle scienze mediche e naturali», 1925, 16, pp. 13-17. P. Franceschini, Filippo Pacini e il colera, «Physis», 1971, 13, pp. 324-32. M. Subba Rao, N. Howard-Jones, Original observations of Filippo Pacini on vibrio cholera, «Bulletin of the Indian Institute of history of medicine», 1978, 8, pp. 32-38. A. Dini, Teorie medico-patologiche a confronto: Maurizio Bufalini e Filippo Pacini, in Maurizio Bufalini, medicina, scienza e filosofia, Atti del convegno, Cesena (13-14 novembre 1987), a cura di G. Pancaldi, Bologna 1990, pp. 137-52. D. Barsanti, L’Università di Pisa dal 1800 al 1860. Il quadro politico e istituzionale, gli ordinamenti didattici, i rapporti con l’Ordine di S. Stefano, Pisa 1993, pp. 169-83. J. Bell, S. Bolanowski, M.H. Holmes, The structure and function of Pacinian corpuscles. A review, «Progress in neurobiology», 1994, 42, pp. 79-128. M. Bentivoglio, P. Pacini, Filippo Pacini. A determined observer, «Brain research bulletin», 1995, 38, 2, pp. 161-65. D. Lippi, Professionalità e scuole mediche a Santa Maria Nuova nell’Ottocento, in La bellezza come terapia. Arte e assistenza nell’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, Atti del Convegno di Studi, Firenze (20-22 maggio 2004), Firenze 2006, pp. 377-95. G. Dall’Olio, Il soccorso agli ‘asfittici e sommersi’ nell’Ottocento. Il metodo di Filippo Pacini, «Rivista italiana della medicina di laboratorio», 2009, 5, 1, pp. 62-68. D. Lippi, I medici fiorentini nel lungo ’800, in Professioni e potere a Firenze tra Otto e Novecento, a cura di F. Tacchi, Milano 2012, pp. 107-34.
di Donatella Lippi. Estratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-pacini_%28Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Scienze%29/
SOPRA UN PARTICOLARE GENERE DI PICCOLI CORPI GLOBULARI
scoperti nel corpo umano da Filippo Pacini alunno
interno degli II. e RR. Spedali Riuniti di Pistoja.
Relazione del medesimo alla Società Medico-Fisica
di Firenze, letta nell’ Adunanza del 22 Novembre 1835.
Corpuscoli del Pacini da Stefanelli A., I microscopici dispositivi periferici dei nervi, Editrice Sonzogno, Milano, 1922.
1840. Trephine set by W. & H. Hutchinson, Sheffield.
A c. 1840s trephine set by W. & H. Hutchinson, Sheffield. The set is complete with all of its original instruments. The handles are made of horn. The trephine has an exceptionally fancy stem and the steel sliding pin mechanism of the crowns is coated in a spectacular bluing. The Hey’s saw has a most unusually shaped-head. Several of the instruments are marked and the maker’s embossed-card is attached to the lining of the inner lid. The card also has the notation $16. This is a set that would have been sold initially in the U.S. as new stock, and Hutchinson is a well-known exporter of surgical instruments to mid-nineteenth century America. See Bennion, p. 321.
Da http://antiquescientifica.com/archive4.htm
1841. BOURGERY JEAN-BAPTISTE MARK (1797-1849).
Jean-Baptiste Marc Bourgery (May 19, 1797 – June 1849) was a French physician and anatomist who was a native of Orléans. In 1815 he began his studies in Paris, where he attended courses given by naturalist Jean Baptiste Lamarck (1744–1829). From 1817 to 1820 he worked as an interne at Parisian hospitals, and subsequently spent several years as a medical officer at the copper foundries in Romilly-sur-Seine. In 1827 he returned to Paris and received his medical doctorate.
In 1830 he began work on Traité complet de l’anatomie de l’homme comprenant la médecine operatoire., a masterpiece on human anatomy that was published in eight volumes. Bourgery worked on the atlas until his death in 1849, with the last volume being published posthumously. The finished work contained 2108 pages of folio-sized text and 726 hand-colored lithographs. The illustrative work was performed by Nicolas-Henri Jacob (1782–1871), who was a student of famed painter Jacques-Louis David (1748–1825).
The first five volumes of Traité complet de l’anatomie de l’homme dealt with descriptive anatomy; volumes six and seven covered surgical anatomy; and the last volume discussed general and philosophical anatomy. It is considered to be one of the most comprehensive and beautifully illustrated anatomical works ever published.
1841. Bourgery J-B. M., Trattato completo dell’Anatomia dell’Uomo riguardante la Medicina Operatoria ossia Anatomia Chirurgica del Dott. Bourgeri, con tavole lithografiche disegnate dal vero con Atlante. T1. Firenze, 1841.